Nato allo scoppio della guerra di Corea con l'esigenza di colmare
velocemente il gap generazionale tra i carri americani e quelli russi, l'M47 fu sempre
considerato dall'US. Army un carro di transizione verso quello che sarebbe dovuto essere
il vero carro medio standard americano, l'M48. Non meraviglia quindi che nonostante gli
oltre 8.000 esemplari prodotti, non appena si rese disponibile il nuovo carro, l'M47 venne
velocemente radiato e trasferito agli eserciti alleati tra cui quello italiano. A partire
dalla seconda metà degli anni '50 e fino agli inizi del successivo decennio, l'E.I.
ricevette una quantità considerevole di questi carri, i primi dei quali provenivano
direttamente dai reparti americani di stanza in Germania. Il carro arrivò proprio nel
momento in cui l'Esercito stava ampliando e riorganizzando i propri reparti corazzati per
far fronte ai nuovi impegni assunti in ambito NATO, condizione che generava l'assoluta
necessità di rimpiazzare velocemente i veicoli di epoca bellica ceduti dagli alleati. Con
l'M47 vennero perciò riequipaggati il Reggimento Corazzato ed il Battaglione Esplorante
Divisionale (BED) delle divisioni di fanteria da pianura (Granatieri di Sardegna, Legnano
e Folgore), nonché il Battaglione Carri ed il Gruppo Esplorante Divisionale (GED) delle
divisioni da montagna (Cremona e Mantova). In modo analogo vennero dotati il Reggimento
Carristi ed il GED delle due divisioni corazzate allora esistenti (Ariete e Centauro)
oltre alla Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli.
All'epoca i reparti erano così formati:
Con l'avvento dei più moderni M60A1 e Leopard 1A2, l'M47 venne progressivamente
dismesso. Gli ultimi esemplari erano in servizio negli anni '80 presso le Scuole di
Specialità Corazzata e le Brigate con minor prontezza operativa (Aosta, Acqui, Friuli e
Cremona). Nella cavalleria gli ultimi due squadroni ad essere dotati del carro furono il
Nizza Cavalleria (inquadrato nella Brigata Cremona) ed il Savoia Cavalleria a supporto del
4° Corpo d'Armata Alpino. Risulta che ancora nel 1989 i carri fossero presenti presso il
62° Battaglione corazzato "M.O. Iero" della Brigata Aosta. Il battaglione era
formato da due compagnie carri M47, da una compagnia CCS (Compagnia Comando e Servizi)e da
una compagnia meccanizzata con M113 ed M106. La carriera italiana di questo carro si
concluse definitivamente con l'adozione dell'autoblindo CENTAURO che, secondo le
specifiche emesse dalla SME, doveva sostituire completamente i carri ancora schierati nei
reparti presenti nel Sud Italia. Compito principale del nuovo mezzo era infatti quello di
fronteggiare eventuali sbarchi delle truppe del Patto di Varsavia dotate di mezzi
corazzati leggeri. Di fatto l'entrata in servizio dell'autoblindo permise di trasferire
una certa quantità di carri Leopard ai reparti ancora dotati del carro americano e
decretarne così la dismissione immediata. Con la definitiva radiazione dalle fila
dell'E.I. i carri, ormai decrepiti ed addirittura divenuti pericolosi per gli stessi
equipaggi, furono in gran parte demoliti. Alcuni vennero ceduti alla Somalia come aiuto
militare all'allora governo dittatoriale ed in quel paese ritrovati dalle truppe italiane
in occasione della missione Restore Hope. Pochi vennero demilitarizzati e conservati come
cimeli presso i reparti che lo ebbero in dotazione. Uno fu regalato dal Governo italiano
al Royal Tank Museum di Bovington dove qualche anno fa era visibile durante il restauro
mentre altri esemplari sono finiti in alcune collezioni americane. Altri ancora furono
inviati in Sardegna per essere utilizzati come bersagli. Si concludeva così la lunga
carriera di un carro che per molti anni fu la vera spina dorsale dei reparti corazzati
italiani.
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In questa immagine cortesemente
inviatami da Luigi Iacomino e riprodotta da una cartolina dei primi anni '50, si vede uno
dei primi M47 consegnati all'Esercito ed ancora caratterizzati dalla presenza del quinto
uomo d'equipaggio (il mitragliere di scafo avente anche funzioni di assistente al pilota)
e della relativa mitragliatrice da 7,65. Di lì a pochi anni sia la mitragliatrice che la
postazione del mitragliere saranno eliminate in ossequio alla nuova teoria di impiego dei
veicoli corazzati che vedeva questo ruolo ormai inutile. Il freno di bocca è del tipo
intermedio di forma cilindrica. Ricordo che nel corso della produzione vennero installati
tre tipi di freni di bocca. Il primo monostadio, identico a quello del cannone dell'M26A1
ed M46, venne ben presto sostituito da quello a forma cilindrica ed infine da uno a T. |
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In questa foto d'archivio un M47
impegnato nelle manovre in un bosco. Si noti la verniciatura bianca delle estremità dei
parafanghi. |
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Uno dei carri M47 in servizio
nell'Esercito somalo e fotografato, oramai distrutto, nei pressi dell'accampamento
italiano di Balad durante l'operazione "Restore Hope" all'inizio degli anni '90.
Probabilmente questo carro proviene dalle fila dell'Esercito Italiano e fu trasferito nel
paese africano dopo la sua dismissione. (foto Fabrizio Esposito) |
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Questo M47 è attualmente conservato,
in condizioni non proprio ineccepibili, presso la caserma del 32° Reggimento carri di
Tauriano (PN). E' uno dei dei carri dotati di freno di bocca a T, l'ultimo tipo montato su
questo carro. |
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Di ritorno dal grande raduno in
Normandia del giugno 1999, decidemmo di dedicare una giornata alla visita del campo di
battaglia di Verdun. Uno dei miei compagni di viaggio chiese anche di fare una deviazione
verso la zona di Valmy, teatro della celebre battaglia del 20 settembre 1792 e dove è
attualmente possibile visitare la riproduzione dell'altrettanto famoso "mulino di
Valmy". Proprio qui trovammo casualmente questo M47 dipinto con i colori dell'US.
Army (anche se, in realtà, proveniente dalle fila dell'Armee de Terre) e dedicato alla
memoria dei Caduti americani della seconda guerra mondiale. Scoprimmo allora di trovarci
sulla "Via della Libertà", la lunga strada che partendo dalla Normandia giunge
fino al confine della Germania e che fu percorsa proprio dalle forze corazzate americane
nella loro lunga corsa verso il Reich. Questo carro è dotato del freno di bocca
cilindrico (il più comune) e, a differenza dei carri italiani, mantiene ancora il piccolo
rullo tendicingolo posteriore. Si noti anche la mancanza della cuffia in materiale
sintetico a protezione dello scudo del cannone, si può così apprezzare l'originale forma
triangolare dello stesso. |
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Fino a qualche anno fa la
Brigata Corazzata "Ariete" conservava questo M47 in perfette condizioni di
marcia e pronto per sfilare nelle varie manifestazioni. Questa foto fu fatta durante
la celebrazione di uno degli anniversari della costituzione della Specialità Carrista
presso la caserma "Zappalà" di Aviano. Dopo la chiusura di questa struttura,
tutti carri storici furono trasferiti presso la sede del 132° Reggimento Carri a
Cordenòns (PN). Non è dato sapere se il carro sia ancora marciante. |
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Lo stesso esemplare in movimento. |
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I due gruppi fanaleria
anteriori dell'M47 di serie. Esse differiscono notevolmente da quelle riportate nella
sezione dedicata al manuale del carro. Si noti come i due gruppi incorporassero sia i
fanali in luce bianca che quelli in luce infrarossa. Conformemente alle nuove dottrine di
impiego dei corazzati elaborate alla fine degli anni '50, dagli equipaggi venne eliminata
la figura del mitragliere alloggiato nello scafo accanto al pilota. Ciò perchè ci si era
convinti che i carri non sarebbero più penetrati all'interno di file di fanti armati di
armi controcarro ma le avrebbero colpite a distanza. Il successore dell'M47 nell'US. Army,
l'M48, aveva solo il pilota ospitato all'interno dello scafo. |
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Particolare del retro del fanale
posteriore, si nota il percorso dei cavi elettrici ed il loro collegamento allo scafo. |
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Il portello del mitragliere, il
pilota ne aveva uno simile. Subito dietro ad esso era posto il comando d'emergenza per
l'azionamento degli estintori interni ad anidride carbonica. |
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In queste immagini si può osservare
il vecchio ruotino tendicingolo e come, nei carri italiani, il suo vano fosse stato chiuso
da una semplice piastra metallica dopo la sua eliminazione. |
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Il vano posteriore portaoggetti
dell'M47. Ai lati sono installati i classici portataniche americani. Per la cronaca, la
mano che si scorge a destra appartiene al maresciallo, oramai in congedo, che molti anni
prima aveva portato il carro sulla piazzola dove rimase esposto. Il sottufficiale stava
indicando ad un suo amico la particolare leva a disposizione del pilota per controllare il
moto del veicolo. Si notino a lato della torretta le marche che identificano il produttore
ed il numero della colata. |
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Alcuni particolari della
torretta. Si noti come nel carro raffigurato a sinistra, i corrimani a disposizione della
fanteria siano diversi di quelli degli altri carri che, a differenza del primo, sono
dotati dei normali elementi di serie. Si noti come i due parapioggia a V posti ai lati
della torretta dei carri italiani siano invece assenti su quello francese. In realtà la
loro presenza non pare seguire un ordine prestabilito. Si noti anche come nel carro
italiano la protezione in tela dello scudo del cannone sia stata sostituita con quella
dell'M60A1 probabilmente per mancanza del pezzo originale. Si noti la copertura blindata
dell'ottica utilizzata per proteggerla quando non in uso. |
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Per dialogare con
l'esterno era a disposizione il sistema interfonico AN/VIA-1 costituito da un'unità
esterna contenuta in una scatola blindata ed accessibile da parte della fanteria ed una
parte interna a disposizione del capocarro. La chiamata dall'esterno avveniva azionando un
pulsante posto sul microtelefono che comandava una luce posta a lato del servente al
pezzo,allo stesso modo il capocarro poteva richiamare l'attenzione della fanteria facendo
lampeggiare una luce posta al di sotto del portello dell'unità. Sotto il microtelefono
era posto il dispositivo interfonico C-665/VIA-1 che consentiva tramite un apposito
cablaggio di collegare telefonicamente tra loro più carri. |
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Alcuni particolari dei
tubi di scappamento e delle loro protezioni installate per evitare il pericolo di ustioni
al personale. Su al cuni carri era anche presente una rete protettiva posteriore. |
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La cupola del capocarro e del
portello del servente. Si notino le protezioni blindate dei vari periscopi, il supporto
cilindrico della mitragliatrice e, ancora una volta, i marchi d'identificazione della
fusione. (foto in basso al centro ed a sinistra: Giacomo Stacconeddu) |
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Il cofano motore ed un particolare
della rizza di fissaggio del cannone. Il dispositivo di bloccaggio della parte superiore
mobile era a vite. (foto a sinistra: Giacomo Stacconeddu) |
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I carri francesi montavano un
deflettore ad imbuto, probabilmente per impedire che i gas di scarico finissero
direttamente addosso alla fanteria che seguiva il carro a piedi. Questo deflettore era
incernierato in modo da poter essere sollevato verso l'alto. |
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Sulla piastra posteriore dello scafo
veniva posta la targhetta della revisione generale effettuata delle officine centrali. In
questo caso si tratta di un veicolo revisionato da parte della O.R.ME.C. (Officina
Riparazione MEzzi Corazzati) di Bologna. |
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Sulla corazza frontale dei carri
conservati è solitamente posta la targhetta con i dati del processo di demilitarizzazione
dell'armamento del carro. |