M24 CHAFFEE - pag.1

I reparti dell'US Army avevano affrontato i primi combattimenti in Nord Africa con la generazione dei carri leggeri costituita dalla famiglia M3 della quale è ritratto un esemplare nella foto seguente.

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Un carro M3A1

Questi veicoli si erano dimostrati poco adatti al combattimento soprattutto a causa del loro scarso armamento composto da un cannone da 37 mm che ben poco poteva contro le difese avversarie. Non di meno la famiglia dei carri leggeri M3 aveva delle buone caratteristiche, in particolare per quanto riguardava la mobilità, che erano state notate nei mesi precedenti dai carristi inglesi che avevano ricevuto molti di questi carri nel quadro degli aiuti portati dagli americani ai combattenti in Nord Africa. In tale situazione va inquadrata la testimonianza riportata di seguito.

In agosto [1941, NdR] ci consegnarono i primi carri nuovi. Non si trattava dei veloci e snelli Crusader che avevamo visto destinare ad altre unità dislocate in Egitto: a noi assegnarono un carro americano ufficialmente denominato "American M3 Light Cavalry Tank" e più brevemente Stuart. Fino a quel momento avevamo avuto in dotazione antiquati A10 e A13 e perfino qualche A9 che sembrava prelevato da un museo di guerra. Arnesi pesanti e di forma cubica, non soltanto avevano l'aspetto e la consistenza delle case prefabbricate, ma si distinguevano per il grosso difetto che, dopo qualche chilometro su terreno accidentato, se non perdevano i cingoli li rompevano alla prima svolta. Su sessanta carri circa che il 3RTR aveva portato in Grecia al principio dell'anno, il nemico era riuscito a immobilizzarne al massimo una mezza dozzina. Tutti gli altri li avevamo dovuti abbandonare noi per rottura dei cingoli o per altri guasti meccanici, a ingombrare i passi e le strade della Tessaglia e della Macedonia. Tolte le mitragliatrici, non c'era altro da toccare: non soltanto il nemico, ma nessun altro esercito al mondo avrebbe potuto servirsene. Ogni tanto ricordo ancora quei carri e immagino pateticamente che siano sempre lì a offrire asilo, magari un po' gelido e angusto, a qualche famigliola di contadini greci senza tetto.
I progettisti dei carri inglesi, fra la prima e la seconda guerra mondiale, devono avere un grosso peso sulla coscienza. Infatti, i nostri carri non furono concepiti da un unico genio: ci si mise un gruppo di tecnici ossessionati da un'idea sorpassata, quella di impiegare tatticamente i carri come un tempo la cavalleria. Il carro, per quegli attacchi, doveva somigliare quanto più possibile al cavallo, e come un cavallo doveva operare. Convinti che in battaglia i carri dovessero lanciarsi alla carica come la cavalleria leggera, non andarono più in là della sostituzione dei cavalli coi carri.
Per disgrazia dei Royal Armoured Corps, sotto l'influsso ippico dominante al Ministero della Guerra prima e durante l'ultimo conflitto (ma credo che imperversi ancora), vennero fuori i carri a corazza leggera. Molti reggimenti di cavalleria dovettero imparare a proprie spese che cosa vuol dire adottare la tattica eroica del conte di Cadogan.
L'arrivo dei nuovi carri fu salutato da noi con un interesse maggiore di quello degli sposini che ispezionano il loro primo nido. Ci fecero meraviglia perfino i tecnici dell'esercito americano che li accompagnavano. Lo Stuart era per noi uno strano trabiccolo. Pareva proprio nato nel Texas. Ci si stava alti in sella e aveva un aspetto western con le sue mitragliatrici Browning e i dinoccolati texani. Se il resto dell'armamento, il solito "sparapiselli" [il cannone M5 da 37 mm, NdR], non differiva gran che da quello montato sui carri inglesi, la corazza frontale era molto più spessa di quella dei nostri carri, leggeri o pesanti che fossero.
Ma la grossa meraviglia degli M3 erano il motore e i cingoli. Tirato il cofano, i nostri conducenti restavano a bocca aperta davanti a un motore d'aviazione a pistoni radiali incastrato dentro il carro, con la ventola che pareva un'elica. Il carburante avrebbe certo creato nuovi problemi per la sussistenza, perché per funzionare bene quei motori dovevano bere benzina d'aviazione a alto numero di ottano. Ma di questo non dovevamo preoccuparci noi e ci trovammo d'accordo subito su un fatto: benvenuta qualsiasi novità capace di rispondere a dovere quando si trattasse di partire in tromba.
Esauriti i commenti sul motore toccò ai cingoli. Mai visti di uguali, in Inghilterra. Ad elementi snodati, ciascuno montato in solida gomma. L'uovo di Colombo, ma i progettisti inglesi non c'erano mai arrivati.
Non appena mi fu concesso presi col mio equipaggio uno Stuart e andammo fuori Heliopolis in cerca di un pezzetto di deserto, impresa meno facile di quel che potrebbe sembrare. Cominciammo dalle prove di velocità e si poté stabilire che a tutto acceleratore il carro faceva i sessantacinque chilometri orari. Fu un sollievo, perché i Mark III e IV dei tedeschi arrivavano al massimo a circa trentadue chilometri.
Quando poi ordinai al mio pilota Whaley di fare un paio di brusche giravolte, attesi invano che si avverassero i peggiori presentimenti: non soltanto non ci fu il solito improvviso fragore di ferraglia infranta, ma il carro risultò agile e maneggevole come un cavallo da mandriani, come un autentico cow-pony del Texas bene addestrato.
"Mettiamolo al limite della dura prova", ordinai con l'interfono.
"Cerca di fargli perdere un cingolo".
Whaley fece compiere al carro le più spericolate evoluzioni, simili a quelle di una squadra di hockey sul ghiaccio, sollevando nugoli di sabbia e di polvere.
"Alt", gli gridai a un certo momento.
"Se continuiamo si consuma tutto il deserto".
...
Fu il primo risultato pratico e benefico della collaborazione angloamericana sul teatro di guerra terrestre: sebbene gli americani rifiutassero di eseguire le quattordici modifiche pretese dai nostri esperti, fu stabilita quella comprensione che doveva, in seguito, dimostrarsi tanto utile tutte le volte che i tecnici degli Stati Uniti istruivano gli equipaggi inglesi su ogni nuovo tipo di carro americano.

Da "Le bare di fuoco" di Robert Crisp, Longanesi & C., Milano 1970

Tuttavia la carenza principale di questi carri, sommata al fatto che il disegno risaliva comunque alla metà degli anni '30, convinse l'US Army ad iniziare lo sviluppo di una nuova serie di carri dotata di un cannone da 75 mm. Mentre la serie di carri leggera si evolveva nella versione M5 ed M5A1 (i due carri avevano lo stesso scafo ma l'M5 utilizzava la stessa toretta del più vecchio M3), su questa base venne realizzato un semovente dotato di un piccolo cannone da 75 mm denominata M8. Sia il nuovo carro leggero che il semovente non si dimostrarono comunque in grado di risolvere i problemi evidenziati sia perché il carro leggero manteneva comunque il vecchio cannone da 37 mm, venendo così ad essere solo un miglioramento della vecchia serie M3, sia perché le limitate dimensioni dello scafo non consentivano l'installazione di un cannone con prestazioni simili a quello montato sul carro medio Sherman.

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Il carro M5A1

Pertanto nel marzo 1943 L'Ordanance Committee emise una specifica per la realizzazione di un nuovo carro leggero (denominato T24) che mantenesse il sistema propulsivo della serie M5A1 ed fosse armato con il cannone da 75 mm M3 (lo stesso dello Sherman) dotato a sua volta del dispositivo di freno del rinculo T19 sviluppato all'interno del programma T7. Tale meccanismo riduceva lo spazio occupato all'interno della torretta dal cannone e dal suo affusto eliminando il cilindro recuperatore esterno, utilizzando al suo posto un cilindro concentrico alla canna del cannone. Nonostante il sistema fosse già stato sperimentato, si notò che anche con un tale era impossibile progettare un carro che pesasse meno di 20 tonnellate americane.

Eliminata la possibilità di utilizzare il cannone M3 ci si rivolse verso il cannone T13E1 che era stato nel frattempo sviluppato per usi aeronautici. Si trattava di un cannone sostanzialmente uguale all'M3 ma dotato di una canna più leggera che aveva però lo svantaggio di scaldarsi più velocemente durante il fuoco ed avere una vita utile minore. D'altra parte questo cannone pesava meno della metà dell'altro ed era conseguentemente più adatto all'installazione a bordo di un mezzo corazzato.
Il cannone T13E1 (standardizzato con la sigla M5) ed originariamente sviluppato con un apposito dispositivo di rinculo (AN-M9) per l'installazione a bordo del bombardiere medio B-25H Mitchell, venne dotato di un nuovo cilindro concentrico di rinculo appositamente studiato per i mezzi corazzati (denominato T33). Tale dispositivo limitava la corsa di rinculo ad appena 25 cm. Il complesso, montato sull'affusto T90 (standardizzato come M64), venne installato su di una nuova torretta a tre posti con il capocarro ed il cannoniere posti, contrariamente alla prassi americana, a sinistra. Il cannone M5, quando installato a bordo dei mezzi corazzati, assumeva la sigla M6. Gli originali cannoni destinati all'installazione sugli aerei erano riconoscibili da un collare metallico posto sulla canna e destinato a bloccare il cannone sul suo affusto a bordo dell'aereo. In seguito i cannoni M6 furono prodotti senza questo collare. L'equipaggio aveva il compito di mantenere adeguatamente il nuovo affusto evitando perdite di liquido idraulico o la sua discesa sotto il livello minimo in quanto questo poteva causare gravi incidenti. Ad esempio due dei tre carri che si scontrarono per la prima volta con forze nordcoreane ebbero per questi motivi un guasto al sistema che provocò il rinculo oltre i limiti previsti fino ad provocare l'urto della culatta con la radio montata  nella parte posteriore della torretta. In uno dei due casi il rinculo fu così forte da causare la penetrazione della culatta nella piastra posteriore.

Nel settembre 1943 il nuovo carro venne accettato in serie limitata con un ordine iniziale di 1.000 esemplari (in seguito innalzati a 5.000)  in luogo di altrettanti carri M5A1 da realizzarsi da parte degli stessi produttori dei carri leggeri. Si voleva in questo modo evitare l'espansione del numero di produttori di carri e nel contempo avviare effettivamente la sostituzione dei vecchi carri leggeri.
Nell'ottobre 1943 il primo esemplare del T24 venne inviato ad Aberdeen Proving Ground per le necessarie verifiche e dopo alcune modifiche la produzione poté iniziare.

La produzione del carro T24 iniziò nell'aprile 1944 presso la Cadillac Division of General Motors Corporation e nel luglio successivo presso la Massey Harris Company. La produzione continuò fino alla fine della guerra per complessivi 4.731 esemplari costruiti. Dopo la guerra circa 1.600 M24 vennero modificati e portati ad uno standard più moderno, tra le varie modifiche ci fu l'eliminazione del mortaio M3 montato all'interno della torretta.

Il carro M24, la cui distribuzione iniziò alla fine del 1944 giusto in tempo per la grande offensiva tedesca delle Ardenne, partecipò in sordina all'ultima fase della seconda guerra mondiale ma ebbe un nuovo periodo d'oro durante la guerra di Corea quanto gli M24 si trovarono ad essere gli unici carri alleati presenti per rallentare l'avanzata nordcoreana. Sebbene i piccoli M24 non avessero la potenza di fuoco e la corazza dei ben più potenti T34/85, riuscirono comunque ad operare onorevolmente fino all'arrivo dei primi Sherman e Pershing che poterono effettivamente equilibrare la situazione. Molti carri furono invece inviati alle nazioni alleate tra cui l'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale e molte altre negli anni '50 tra cui l'Italia che ne ricevette un certo numero destinato all'impiego nei reparti esploranti.

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I due manuali dai quali è stata tratta la quasi totalità del materiale presentato in queste pagine.

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Le quattro viste fondamentali del carro M24. Cosa abbastanza curiosa era previsto che l'M24 potesse avere un equipaggio di quattro oppure di cinque uomini. L'uomo in meno era costituito dal servente al pezzo che nel caso del carro con meno personale, veniva sostituito dall'assistente pilota/mitragliere di scafo.

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Sezione del carro e disegni indicanti le dimensioni principali dello scafo. Si noti che l'M24 non era dotato di cesto della torretta per cui l'equipaggio rimaneva sospeso durante la rotazione stando seduti sui propri seggiolini.

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Vista dello scafo privo di tutte le parti aggiuntive e dei portelli per la manutenzione. Frontalmente è presente la grande apertura ottagonale utilizzata per l'uscita del blocco differenziale. In basso la foto della zona inferiore dello scafo indicante i vari portelli per la manutenzione. Si notano i due portelli rettangolari per l'accesso alla zona inferiore dei motori e della trasmissione nonché il portello quadrato utilizzato dall'equipaggio come uscita d'emergenza.

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Il pannello strumenti a disposizione del pilota. Il pannello, di colore nero ma più spesso verde scuro, presenta al centro il tachimetro affisncato da due contagiri (uno per motore). Sopra ad essi i due indicatori della temperatura dell'acqua di raffreddamento (i circuiti erano separati). Si notano inoltre i due commutatori rotativi per le luci interne (a sinistra) e quelle esterne (a destra). Al di sotto del tachimetro è posizionato l'amperometro mentre all'estremità destra in basso sono posizionati i due interruttori di avviamento dei motori ( anche qui uno per ciscun motore).
Subito sopra il pannello è presente il comado dell'acceleratore a mano (hand throttle) utilizzato normalmente per la stabilizzazione del minimo dei motori.

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La postazione del pilota era situata a sinistra. In alto a destra sono visibili le due valvole di controllo dei serbatoi della benzina. Sempre a destra ma in basso è presente la lunga leva di comando della scatola di scatola d'accoppiamento Synchromesh (selezione marcia avanti, folle, marcia indietro) e subito a lato quella di controllo delle due trasmissioni automatiche Hydramatic (selezione rapporti alti e bassi).
Ai lati del sedile di guida sono collocate le due leve di sterzo agenti sui freni. Tali leve erano utilizzate anche per la frenata di servizio (tirando contemporaneamente le due leve) e di stazionamento (tirando le leve e bloccandole agendo sul pulsante posto sopra di esse).
Al centro, da destra, il pedale dell'acceleratore, quello di posizionamento a folle della trasmissione ed il comando a pedale del clacson.
Al di sopra dei pedali è posta la protezione a copertura del giunto omocinetico di collegamneto tra il differenziale/gruppo di sterzo e la riduzione finale del moto. Su di esso è rivettata la targhetta contenente le istruzioni per l'avvio del carro e l'azionamento della trasmissione.

 

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I portelli del pilota e dell'assistente/mitragliere di scafo erano di dimensioni maggiorate rispetto a quelle dei carri precedenti in modo da favorire i movimenti dell'equipaggio. L'apertura avveniva tramite sollevamento e successiva rotazione all'indietro del portello, il tutto comandato da una leva posta all'interno dello scafo. Ciascun portello è dotato dell'alloggiamento rotante per un periscopio. L'apertura dall'esterno avviene tramite una comando a filo posto davanti al portello (driver's door latch handles). Si noti davanti al portello del pilota il supporto per il parabrezza da montarsi durante la marcia a portelli aperti.

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Tra le due postazioni nello scafo era posto il ventilatore e la scatola delle luci interne.

 

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Inizialmente la torretta del T24 era solo provvista di due portelli ribaltabili. In seguito, viste le esperienze maturate al fronte, venne installata una cupola rotante per il capocarro dotata di sei prismi per la visione all'esterno. Anche sul suo portello era possibile installare un periscopio fisso.

 

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Il portello del servente rimaneva invece ribaltabile e privo di qualsiasi dispositivo per la visione esterna. Il ribaltamento avveniva in avanti tramite una barra di torsione.

 

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Alcune immagini del cofano motore con l'indicazione dei vari portelli presenti su di esso. L'aria di raffreddamento entrava dalla griglia anteriore per uscire da quella posteriore dopo aver attraversato i radiatori e tutto il vano motore. Ai lati della griglia di espulsione dell'aria sono visibili i tubi di scarico dei motori.

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Ciascun motore era dotato del proprio radiatore posto nella zona anteriore del vano motore.

 

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Sul carro M24 venne attuata una profonda modifica della trasmissione del carro M5A1 che aveva dato alcuni problemi nell'uso. I carri M5 ed M5A1 erano infatti dotati di una trasmissione totalmente automatica che diede risultati poco brillanti in termini di prestazioni. Si decise quindi di installare una scatola di distribuzione ed accoppiamento a comando manuale tra i motori e l'albero di trasmissione.
La configurazione della trasmissione del carro T24 vedeva così la presenza di due motori Cadillac dotati ciascuno di una trasmissione Hydramatic a quattro marce avanti ed una scatola d'accoppiamento Synchromesh dotata di due marce avanti ed una indietro. Complessivamente il nuovo carro veniva ad avere otto marce avanti e quattro indietro. Questo accorgimento, oltre a migliorare notevolmente le prestazioni del carro, aumentò sensibilmente la velocità massima a marcia indietro che era stata sempre uno dei talloni d'Achille dei carri americani.
Nelle foto in alto a sinistra il complessivo costitituito da uno dei due motori, dal proprio radiatore e dalla trasmissione Hydramatic (posta sotto il radiatore). Nelle due immagini successive si osserva il motore con la trasmissione (il cilindro nero in alto è il motorino d'avviamento) e nell'ultima immagini la disposizione generale del vano motore con i due silenziatori scaricanti verso l'alto.

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Per rendere più agevole la manutenzione e l'accesso in caso d'emergenza i due filtro dell'aria (uno per motore) erano posti all'interno del vano equipaggio. .
Sul carro M24 era prevista l'installazione di filtri di due differenti modelli: Donaldson (foto a sinistra) ed AC.

 

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La presenza dei grandi portelli sul cofano rendeva agevole lo smontaggio dei motori completi della propria trasmissione.

 

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Vista della scatola d'accoppiamento del moto Synchromesh. Le due trasmissioni Hydramatic erano collegate ad essa tramite una flangia scorrevole. Questo, oltre a rendere assai semplice lo smontaggio dei motori, consentiva di sfilare il giunto di un motore eventualmente andato in avaria  e di consentire al carro di procedere anche con un solo motore funzionante.

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Particolare dei comandi della trasmissione presenti a fianco della postazione del pilota. Come già detto si nota la lunga leva di comando della scatola di scatola d'accoppiamento Synchromesh (selezione marcia avanti veloce e lenta, folle, marcia indietro) e subito a lato quella più piccola di controllo delle due trasmissioni automatiche Hydramatic (selezione rapporti alti e bassi).

 

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Il pavimento dello scafo era dominato dalla presenzza dell'albreo centrale di trasmissione del moto dalla scatola d'accoppiamento del moto Synchromesh al differenziale anteriore. Ai lati sono presenti i vani destinati ad ospitare le scatole contenenti le munizioni del cannone. Tale scatole erano del tipo "Wet Stowage" ovvero erano dotate di un'intercapedine contenente acqua la quale, in caso la scatola fosse stata colpita, aveva il compito di spegnere qualsiasi principio d'incendio.

 

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Il differenziale controllato che fungeva da ripartitore del moto e da dispositivo di sterzo. Esso poteva essere agevolmente smontato facendolo passare tramite l'apertura ottagonale posta sulla pistra anteriore del carro. In basso un'immagine del giunto omocinetico di collegamento del differenziale alla riduzione finale.

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Il gruppo di riduzione finale sul quale era montata la ruota motrice.

 

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Sul carro erano presenti due serbatoi della benzina installati sui lati del compartimento motore e separati dai due motori tramite una paratia antifuoco. La capacità complessiva dei due serbatoi era di complessivi 250 litri (125 litri per ogni serbatoio). Nello stesso compartimento e sopra ciascun serbatoio erano alloggiate due delle quattro batterie da 6V che andavano ad alimentare l'impianto del carro a 24V.

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