Abbiamo il privilegio di ospitare su Ferrea Mole il contributo scritto ed iconografico del noto giornalista Fausto Biloslavo sulla sua partecipazione all'avanzata inglese in Iraq durante l'Operazione Telic.

Fausto Biloslavo collabora con Il Giornale e Il Foglio ed ha seguito come corrispondente tutti i principali conflitti dei nostri ultimi anni: dalle più lontane guerre africane all’Afghanistan, fino a Enduring Freedom in Iraq.

Ringrazio sentitamente Fausto Biloslavo per la sua collaborazione al sito e nello stesso tempo Alessandro Cipolla (Bricchetto) che ha reso possibile con il suo impegno la pubblicazione di questo prezioso contributo sul sito.

Da IL FOGLIO

La musica particolare della cornamusa esce dal blindato, sulle note del Giorno di San Patrizio. E' l'inno delle Guardie irlandesi, che fanno parte della settima brigata, i famosi "Topi del deserto". A suonare sulla prima linea di Bassora, la seconda citta' dell'Iraq assediata dai britannici, e' un soldato con i capelli corvini e la pelle nera. Si chiama Christopher Muzvuru, viene dallo Zimbabwe e a 17 anni si e' trasferito con la famiglia a Londra. Fa parte della tribu' guerriera africana degli Shona, ma adesso il suo nuovo clan e' il primo battaglione delle Guardie irlandesi. Soldati d'elite che quando non sono in guerra montano la guardia con il colbacco e la divisa rossa, davanti alla residenza reale di Bukingham Palace. Muzvuru e' orgoglioso di far parte di un'unita' che si e' autobattezzata multietnica. Ci tengono a ottolineare che sono quattro inglesi, altri quattro dell'Irlanda del nord, uno dello Zimbabwe e addirittura un cattolico nato al sud, nella Repubblica irlandese. In comune hanno la passione per la banda militare e il destino di sangue che affratella tutti gli uomini, che combattono assieme una guerra. Li incontro per caso, mentre mi riparo dal tiro di un cecchino dietro un
blindato color sabbia piazzato al bordo della strada alla periferia di Bassora. I soldati sono quasi tutti pigiati in un abitacolo angusto reso bollente dal sole. Un paio di fortunati tentano di individuare il cecchino appostati all'aria aperta. "Saranno fra i trenta ed i quaranta gradi, ma chi guida, vicino al motore sta ancora peggio" spiega il piu' "vecchio" del gruppo, che ha solo 28 anni. Si chiama Ian Malone, e' l'irlandese cattolico e porta i gradi di caporal maggiore. Per conquistare fiducia e riconoscenza il sistema migliore e' far intravedere l'antenna del telefono satellitare. Dopo un minuto di banale conversazione ti chiedono di fare una telefonata a casa. Da quattro settimane non sentono i loro cari. Il primo a farsi avanti, nonostante i compagni lo chiamano Speedy, perche' non ci arriva subito, e' un ragazzone allampanato. Si nasconde dietro il bindato per non farsi vedere dagli ufficiali e chiama la fidanzata. Dopo pochi secondi riappare scuro in volto, perche' ha trovato la segreteria telefonica. "Non ci posso credere, doveva essere in casa a quest'ora" sussurra. Gli altri ridono ed il ghiaccio, che divide i soldati dalla stampa, inizia a sciogliersi. "Siamo di stanza in Germania, vicino a Monaco, e quando ci hanno messo in allarme per la partenza non ne potevamo piu' dell'adestramento" racconta Malone. "Sarebbe stato meglio finire il lavoro con Saddam nel '91, aggiunge il caporale - ma adesso siamo di nuovo qui per abbattere questo regime, non per combattere il popolo iracheno". Sembrano avere tutti le idee chiare anche se l'eta' media e' fra i 20 ed i 23 anni. Fino ad ora gli e' andata bene: nessuna perdita, a parte qualche colpo di sole. In compenso hanno fatto una ventina di prigionieri, dopo avergli scaricato addosso tutta la potenza di fuoco dei Topi del deserto, che diventarono famosi combattendo contro tedeschi e italiani nel nord Africa, durante la seconda guerra mondiale. "Ieri avevamo appena conquistato l'Istituto tecnico dall'altra parte della strada - raccontano i soldati - Ci eravamo sistemati in una specie di appartamento sdraiandoci su comode poltrone. Chi scriveva una lettera a casa, chi fumava una sigaretta o era incollato alle cuffiette ad ascoltare musica rap. Il colpo di mortaio e' arrivato all'improvviso esplodendo a 30 metri da noi". Il fragore e' stato impressionante e quasi tutti si sono gettati a terra cercando di infilarsi l'elmetto. L'unico a non accorgersi di nulla e' stato un soldatino esile, dagli occhi azzurri. All'impatto del mortaio li teneva chiusi estasiato dalla musica a tutto volume di Tu Pac Shackur, che sembra essere un famoso rapper americano scomparso da qualche anno. I sogni dell'unita' multietnica sono quattro nel seguente ordine di importanza: donne, birra, un'uniforme di ricambio, perche' ne hanno solo una, pizza service e ovviamente le telefonate a casa. "Guadagnamo circa cento euro al giorno e quando si torna ci si compra una macchina, si accumula per il mutuo e in ogni caso si organizza una vacanza da sogno" spiega Steven Mc Laughlin. Molti hanno gia' previsto un bel viaggio al freddo "magari a sciare in Italia". Il ragazzo dello Zimbabwe, invece, vuole assolutamente andare a Praga, la citta' d'oro. Nel ventre del blindato, accanto ai missili anti carro, usa e getta, e alle bombe fumogene, c'e' anche una scimmietta di pezza, che mostra gli attributi, mascotte del gruppo.

I "cugini" americani vengono considerati troppo nervosi e tecnoligici. "Noi siamo soldati vecchio stile, non a caso sono state le guardie irlandesi a portare a spalle il feretro della regina madre" sottolinea orgoglioso Paul Mc Neil. D'altro canto Rudyard Kipling era ufficiale di questo reparto
durante la prima guerra mondiale e ne ha descritto le gesta. Il rancio di guerra, da consumarsi fra una raffica e l'altra, prevede una bottiglia d'acqua oramai calda, orribili razioni di combattimento ed una sorpresa. "La cioccolata e' la cosa migliore che ci passano - garantiscono i soldati - Viene, ovviamente, dall'Italia".

Giornalisti in prima linea all'assedio di Bassora, "coperti" da carri e blindati inglesi okBilo_01-bis.jpg (104144 byte)

Giornalisti in prima linea all'assedio di Bassora, "coperti" da carri e blindati inglesi

il risultato di una cannonata di un carro britannico su una postazione di Fedayn a Bassora okbilo_02b.jpg (63169 byte)

BASSORA (Iraq meridionale) - "Noi avanziamo sempre, non ci ritiriamo mai" puntualizza John Cotterill, uno dei "Topi del deserto" inglesi impegnati in prima linea a Bassora, la seconda citta' dell'Iraq. Gli fa eco lo sferragliare dei cingoli di una decina di carri armati Challenger, che a tutta velocità penetrano nella periferia di Bassora. Al mattino i cecchini iracheni avevano tenuto impegnati le Guardie irlandesi della 7° brigata, cotti dal sole nello spazio angusto dei blindati. I soldati britannici, incollati ai mirini telescopici, davano la caccia al nemico, annidato nei resti anneriti dai combattimenti in una zona industriale del quartiere di Al Qaba alla periferia di Bassora.
Quando sono arrivati i carri armati gli iracheni hanno reagito con qualche granata di mortaio, raffiche di mitragliatrice e colpi di bazooka. "Resistenza leggera tenendo conto che stiamo penetrando in città per alcuni chilometri" sostiene Cotterill, che per sua maestà britannica ha addestrato i paracadutisti del'Oman, dove ha imparato l'arabo. Occhi azzurri, baffo da soldato dell'impero, garantisce "che la popolazione ci sta accogliendo bene. Indicano ai carristi le postazioni nemiche". In ogni caso il centro di Bassora è ad una decina di chilometri di distanza e lo scenario da girone dantesco incombe, dall'inizio dell'assedio, sulla città. Colonne di fumo nero segnano l'orizzonte, mentre è continuo il via vai di gente in fuga da Bassora o che tenta di entrare, fra una raffica e l'altra, per portare aiuto ai familiari. I carristi inglesi hanno dipinto sui loro mostri d'acciaio, color sabbia, dei diavoletti rossi con la scritta "attenti ai mutanti". I mutanti sarebbero loro per la capacità di incutere terrore al solo rumore assordante dei cingoli. Secondo il giornale arabo Asharq al-Aswat i dirigenti del partito Baath, che con un migliaio di miliziani Fedayn, rappresentano il nocciolo duro della resistenza a Bassora, sarebbero pronti ad arrendersi. Lo ha rivelato il teologo sciita Mohammed al-Bosslimi, che si è incontrato un paio di giorni fa con una dozzina di papaveri del partito di Saddam nella città assediata. "Il problema è che gli odiati membri del partito vogliono essere protetti dalla rabbia della popolazione se dovessero consegnare le armi", ha spiegato Al-Bosslimi. Inoltre sembra che la resa dipenda dalla caduta di Bagdad e dalla garanzia britannica di intervenire in caso di rappresaglie contro gli uomini del rais. In prima linea, gli ufficiali impegnati nell'operazione di Bassora non ne sanno nulla. Al di là dell'auspicata resa la tattica britannica è di avanzare a piccoli passi, anche poche centinaia di metri al giorno, ma inesorabilmente, evitando il più possibile danni ai civili. In guerra, però, non sempre fila tutto per il verso giusto. L'altra faccia del conflitto, la più terribile, è lo sguardo spento delle vittime inermi, che nel linguaggio burocratico dei militari vengono freddamente catalogate come danni collaterali.
Abdullah non sa di essere un "danno collaterale", ma piange di dolore per la ferita al fianco ed il braccio sinistro che ha perso a Bassora, durante un bombardamento alleato. Occhioni neri e impauriti ha solo 5 anni e alle sette di sera la mamma lo aveva chiamato per la cena. Una valanga di schegge ha centrato la sua casa, anche se l'obiettivo era una postazione militare irachena infrattata nei quartieri residenziali. Sul volto da bambino gli è rimasto un bozzo da pugile, ricorda poco niente, a parte "una grande luce" ed il braccio sinistro a penzoloni, quasi staccato di netto. L'hanno dovuto amputare lasciandogli un moncherino talmente piccolo da fare impressione ai cronisti più duri. Troviamo Abdullah all'ospedale di Az Zubayr, una città sulla strada per Bassora, spina nel ianco degli inglesi. Una folla esasperata sta aspettando il turno per ottenere qualche medicina. Molti civili sono rimasti feriti nei giorni precedenti di duri combattimenti. "Ho sentito una forte esplosione, poi sono volato in aria. Non capivo più niente" racconta Yusuf, 14 anni, con il faccione triste ed una maglietta rosa, sbiadita made in Usa. La caviglia destra è gonfia, nonostante le bende e anche l'altra gamba è rimasta ferita. Sua madre l'ha lasciato per sempre per colpa di una scheggia conficcata nel ventre. Anche in questo caso l'attacco alleato puntava ad un concentramento di truppe irachene vicino alle abitazioni. Ad Az Zubayr i miliziani Fedayn, fedelissimi di Saddam, dopo essere stati bombardati nel loro quartier generale, si sono trasferiti armi e bagagli in una scuola. Ala è una ragazza di 13 anni, con il capo coperto dal velo nero, ma un vestito sgargiante, che nasconde ustioni su ambedue le gambe. La mano gonfia, invece, si vede bene, piena di punti di sutura come se fosse stata segata a metà. I terribili racconti dei "danni collaterali" potrebbero continuare se nonfosse per il fatto che la gente si lamenta a gran voce del razionamento delle medicine. Sembra che le scorte ci siano, ma l'ospedale le centellina. Non si riesce a capire qual è il problema, dato che arriva il direttore dell'ospedale, con il baffo alla Saddam, per sbatterci gentilmente fuori. Fra le vittime di guerra il destino più ingrato è toccato ad una famiglia di Umm Qasr, l'antico porto vicino al confine kuwaitiano caduto per primo nelle mani alleate. Per paura dell'attacco si sono rifugiati, prima dell'offensiva, ad An Nasiriyah. Peccato che si è rivelata una delle città dove i combattimenti sono stati più feroci. Una bomba ha centrato la casa del cugino, che ospitava la povera famiglia in fuga. Una strage alla quale sono sopravvissuti solo l'anziano padre e la figlia più giovane, ustionata su tutto il corpo. In questi giorni è finalmente tornata nella sua città, ad Umm Qasr, per essere ricoverata all'ospedale militare britannico.

prigionieri dietro un blindato inglese a Bassora

prigionieri dietro un blindato inglese a Bassora

Da IL GIORNALE

BASSORA (Iraq meridionale) - Il carro armato inglese, piazzato alla periferia di Bassora, spara una cannonata improvvisa. Il colpo va a schiantarsi alla base di due torri, già sforacchiate da proiettili di grosso calibro, sollevando una nuvola di fumo grigiastro. L'obiettivo del Challenger britannico è un mortaio montato su un veloce camioncino. L'ultimo sistema adottato dagli iracheni per tartassare la prima linea dell'assedio alleato, alla seconda città dell'Iraq, e tentare di farla franca muovendosi continuamente. Poco prima avevano cominciato a crepitare le mitragliatrici pesanti ed un colpo di mortaio, esploso chissà dove, ci aveva costretto a cercar riparo dietro un blindato inglese. "La vedete questa botta sulla corazza del cingolato? E' un colpo di bazooka che ci siamo beccati quando abbiamo ricevuto l'ordine di avanzare per una missione di ricognizione, di due soli chilometri, verso il centro. Come ci siamo mossi si è scatenato l'inferno, con cecchini e trappole dappertutto" racconta Peter, un sergente veterano del Kosovo, della settima brigata inglese. Coltellaccio dietro la schiena, auricolare che ronza con gli ordini e mitra pronto all'uso fa parte del reparto schierato in prima linea dopo il ponte Al Bassora, alla periferia del grande capoluogo dell'Iraq meridionale. I suoi uomini sono sdraiati dietro terrapieni di sabbia, incollati al mirino telescopico del fucile automatico o nascosti in aritte abbandonate dagli iracheni, come un emetto sporco di sangue. Difficile dire se la cannonata inglese ha colpito il bersaglio, perchè tutti gli edifici e le strade alla periferia di Bassora sono ridotti a scheletri semi bruciacchiati di cemento e lamiere, sbrecciati e contorti dalla furia dei combattimenti. Dense e larghe colonne di fumo nero, provocate dagli incendi di depositi di carburante colpiti in pieno, vengono trasportate dal vento fino all'orizzonte. Uno scenario da girone dantesco, che fa apparire Bassora come una città morta, se non fosse per l'andirivieni di mezzi di tutti i generi, compresi carretti trainati dai muli. Alla prima cannonata il traffico si dissolve in un attimo e poi ricompare, quando la situazione si calma. Un fiume continuo di gente che scappa terrorizzata dalla citta' assediata o rientra stracarica di rifornimenti, soprattutto acqua, per i familiari rimasti intrappolati. C'e' chi si fa scudo con un grande adesivo della Croce rossa internazionale o sventola la bandiera bianca, per evitare che gli sparino addosso. Altri confidano nell'immaginetta di Ali', cugino del profeta Maometto, venerato dagli sciiti. "Kerab, kerab, e' terribile, non abbiamo più acqua" spiega mezzo in arabo e mezzo in inglese un padre di famiglia che ha caricato le quattro mogli, i numerosi figli e tutte le masserizie possibili su un pulmino, per fuggire da Bassora. Gli inglesi perquisiscono i più giovani e ogni tanto beccano qualche sospetto Fedayn, i miliziani di Saddam, che si stanno organizzando per la guerriglia. Quattro iracheni, sotto tiro dei soldati britannici, sono accovacciati con le mani sulla testa. Nella loro scassatissima macchina i soldati hanno trovato uniformi e pezzi di kalaschnikov, il fucile mitragliatore usato dalle forze irachene. Le opinioni dei civili sulla tragica situazione della città, che conta un milione e mezo di abitanti, divergono. Taha Iassin Hussein, di professione ingegnere "ringrazia" ironicamente Bush e Blair "per aver distrutto case e scuole. Altro che libertà per l'Iraq vogliono il nostro petrolio". Un giovane insegnate di inglese con gli occhialetti tondi da intellettuale, invece, accusa i Fedayn di Saddam "di terrorizzare la popolazione costringendoci a combattere". I problemi piu' immediati, però, sono altri. Trovare l'acqua e le medicine per il figlio piccolo malato, oppure recuperare i cadaveri dei familiari-soldati che ancora giacciono sulla prima linea. Ad ascoltare tutti ci pensa Jhon Cotterill, che porta la divisa di sua Maesta' britannica da 26 anni, parla l'arabo e la prima guerra a queste latitudini l'ha combattutta nello Yemen. Sul petto porta il distintivo dei paracadutisti dell'Oman, che ha addestrato nei lanci di guerra. "Sono nato nelle Midlands, ma il Medio Oriente è la mia seconda casa. L'ho girato da soldato, ma anche in vacanza" spiega Cotterill. Baffoni da vecchio impero e occhi azzurri sta scortando un paio di iracheni verso la terra di nessuno. "Mio fratello è morto per il suo paese, da soldato. Noi tutti siamo pronti a farlo, perchè questo non è il giardino di casa di americani e inglesi. Vogliamo solo recuperare il corpo e seppellirlo secondo le usanze musulmane" sbotta un'omaccione con la barba lunga, la camicia a quadri ed un paio di sandali al posto delle scarpe. Un altro parente lo aiuta a trasportare una barella arancione, mentre si dirigono verso una fabbrica, ancora in fiamme, fra la prima linea inglese e quella irachena. Gli iracheni rovistano fra mezzi distrutti e crateri di granate. Sembrano in difficoltà a trovare il proprio caro in mezo ad altri cadaveri abbandonati da quattro giorni. A tratti il fumo denso e scuro dell'incendio li fa sparire, ma alla fine caricano sulla barella una massa inanimata, simile ad un burattino senza fili, con le braccia che penzolano orribilmente. Il corpo e' sfregiato dalla furia dei combattimenti, ma si notano bene l'uniforme verde e la kafya rossa. Altri familiari dei soldati uccisi all'ingresso di Bassora arrivano con una coperta, nella speranza di recuperare le salme dei propri cari. Il triste rito si interrompe bruscamente, quando inglesi e iracheni tornano a scambiarsi cannonate e colpi di mortaio.

mezzi blindati dei marines arrivati da 24 ore nel centro di Baghdad

mezzi blindati dei marines arrivati da 24 ore nel centro di Baghdad

carri iracheni distrutti carri iracheni distrutti carri iracheni distrutti

carri iracheni distrutti

 

Nei pressi di ad Az Zubayr i cecchini iracheni iniziano il tiro sui soldati britannici che salgono su di un blindato Warrior per andare a stanarli

Tratto da un suo articolo:

"Ad Al Zubayr, una cittadina sulla strada per Bassora, ancora infestata dai Fedayn, i reparti paramilitari che si sono immolati per Saddam, incappo nella prima brutta sorpresa. La scarica di kalaschnikov fende l'aria lasciando, per un attimo sbigottiti anche i duri soldati inglesi. Uno, due, tre colpi sparati dai cecchini in rapida successione e poi altrettanti. I soldati britannici di guardia ad una caserma irachena semidistrutta dall'avanzata scattano al contrattacco urlando ordini gutturali. Entrano in azione un paio di blindati pesanti, che schizzano verso il fuoco nemico sferragliando e sbandando sulla sabbia. Poi i bestioni corazzati travolgono tutto ed i cecchini smettono per sempre di sparare".

Nota: tutte le immagini ed i testi sono di proprietà del Dott. Fausto Biloslavo e sono concessi a Pierantonio Farina unicamente per la pubblicazione sul sito "Ferrea Mole". Ogni altro utilizzo è espressamente vietato.